Anche se il primo uso su larga scala delle satrapie, o province, risale all’inizio dell’impero achemenide sotto Ciro il Grande, a partire dal 530 a.C. circa, l’organizzazione provinciale ha in realtà avuto origine durante l’epoca dei Medi, almeno dal 648 a.C.
Fino al tempo della conquista della Media da parte di Ciro il Grande, gli imperatori governavano le terre che conquistavano attraverso re clienti e governatori. La differenza principale era che nella cultura persiana il concetto di regalità era indivisibile dalla divinità: l’autorità divina convalidava il diritto divino dei re. I ventisei satrapi istituiti da Ciro non furono mai re, ma viceré che governavano in nome del re, anche se nella realtà politica molti approfittarono di ogni opportunità per ritagliarsi una base di potere indipendente. Dario il Grande diede alle satrapie un’organizzazione definitiva, ne aumentò il numero a trentasei e ne fissò il tributo annuale (iscrizione Behistun).
Il satrapo era responsabile delle terre che possedeva come amministratore, e si trovava circondato da una corte quasi reale; raccoglieva le tasse, controllava i funzionari locali e le tribù e città soggette, ed era il giudice supremo della provincia davanti alla cui “cattedra” (Neemia 3:7) ogni causa civile e penale poteva essere portata. Era responsabile della sicurezza delle strade (cfr. Senofonte), e doveva reprimere briganti e ribelli.
Era assistito da un consiglio di persiani, al quale erano ammessi anche i provinciali e che era controllato da un segretario reale e da emissari del re, soprattutto dall'”occhio del re”, che faceva un’ispezione annuale ed esercitava un controllo permanente.
C’erano ulteriori controlli sul potere di ogni satrapo: oltre al suo segretario scriba, il suo principale funzionario finanziario (ganzabara in persiano antico) e il generale responsabile dell’esercito regolare della sua provincia e delle fortezze erano indipendenti da lui e riferivano periodicamente direttamente allo shah, in persona. Il satrapo era autorizzato ad avere truppe al proprio servizio.
Le grandi satrapie (province) erano spesso divise in distretti più piccoli, i governatori dei quali erano anche chiamati satrapi e (dagli autori greco-romani) anche chiamati hyparchs (in realtà Hyparkhos in greco, ‘vice-regenti’). La distribuzione delle grandi satrapie fu cambiata ripetutamente, e spesso due di esse furono date allo stesso uomo.
Come le province erano il risultato di conquiste consecutive (la patria aveva uno status speciale, esente da tributi provinciali), sia le primarie che le sub-satrapie erano spesso definite da precedenti stati e/o identità etno-religiose. Una delle chiavi del successo achemenide (come per la maggior parte dei grandi imperi duraturi) fu il loro atteggiamento aperto nei confronti della cultura e della religione dei popoli conquistati, così la cultura persiana fu quella più colpita mentre il Grande Re si sforzava di fondere elementi di tutti i suoi sudditi in un nuovo stile imperiale, soprattutto nella sua capitale, Persepoli.
Quando l’autorità centrale dell’impero si indebolì, il satrapo godette spesso di un’indipendenza pratica, tanto più che divenne consuetudine nominarlo anche generale in capo del distretto dell’esercito, contrariamente alla regola originale. “Quando la sua carica divenne ereditaria, la minaccia all’autorità centrale non poteva essere ignorata” (Olmstead). Le ribellioni dei satrapi divennero frequenti dalla metà del V secolo a.C. Dario I lottò con ribellioni diffuse nelle satrapie, e sotto Artaserse II occasionalmente la maggior parte dell’Asia Minore e la Siria erano in aperta ribellione (Rivolta dei satrapi).
Le ultime grandi ribellioni furono sedate da Artaserse III.